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Ulisse in Calabria? Fragomeni: «Avanti con gli scavi archeologici»

4 minuti di lettura

Lo studioso tedesco Armin Wolf ha illustrato la sua tesi intervenendo all’incontro organizzato a Roccella Jonica dal Circolo di lettura Aras

Sulla ricostruzione del viaggio di Ulisse di ritorno a Itaca (Odissea) in 25 secoli sono state formulate un centinaio di ipotesi. Ulisse sarebbe stato dappertutto: Italia, Palestina, Spagna, Crimea, Tenerife, addirittura nel Polo Sud e nel Polo Nord. Armin Wolf, un studioso tedesco innamorato della Calabria, intervenendo all’incontro organizzato a Roccella Jonica dal Circolo di lettura Aras ha illustrato la sua tesi (contenuta nel libro “Ulisse in Italia” edito da Local Genius) facendo fare agli astanti un viaggio mentale nel Mediterraneo, intorno alla Sicilia, Circe, Ade, Stretto di Messina, Scilla e Cariddi, Calipso; e poi dal Tirreno allo Ionio, seguendo il naufrago nel suo percorso a piedi lungo l’Istmo di Catanzaro, nella terra dei Feaci, Alcinoo, Nausica. E infine: dal golfo di Squillace verso Itaca. L’atmosfera omerica, nell’elegante scenario dell’ex convento dei Minimi della cittadina ionica, è stata creata con l’interpretazione di brani dell’Odissea a cura dell’attore e regista Domenico Pantano. Alla domanda posta da Annamaria Bova Zito: «È possibile la ricostruzione del viaggio di Ulisse da Troia distrutta alla sua Itaca in chiave nautica e topografica senza sciupare l’elemento mitico e poetico?», Wolf ha risposto affermativamente. Sulla base di accurati studi e scrupolose ricerche condotte con metodo scientifico, lo studioso, sulla base dei dati direzionali forniti da Omero, ha geolocalizzato le tappe del viaggio in 12 località geograficamente esistenti riscontrabili nel Mediterraneo: «Nel percorso da Calipso ai Feaci – ha detto Wolf a mo’ d’esempio – Ulisse aveva l’Orsa, che è detto anche Carro, alla sua sinistra quando attraversò il mare. Colui che lascia a sinistra la costellazione del Nord va da occidente verso oriente». Rilevante per la Calabria è il dodicesimo itinerario di Ulisse: dall’isola di Ogigia alla Terra dei Feaci: «Tutti i tentativi fatti fino ad oggi per ricostruire geograficamente il viaggio di Ulisse tenendo conto dei dati forniti da Omero, sono falliti, particolarmente per l’identificazione di questo luogo. La terra dei Feaci è stata localizzata, nelle diverse teorie in più luoghi. Non si è riusciti a rispondere, però, all’interrogativo di come Ulisse dopo il passaggio da Scilla e Cariddi, fu respinto nuovamente oltre e, tuttavia, poté venire condotto in patria dai Feaci, senza attraversare lo Stretto una terza volta. Secondo Omero la terra dei Feaci, vista dalla Grecia, “giace una volta davanti e una volta dietro Scilla e Cariddi”. Questa “contraddizione” sembrava di difficile soluzione, perciò tutte le teorie ricostruttive erano costrette a modificare o la realtà geografica o il testo omerico. Nonostante ciò, i dati apparentemente contraddittori forniti da Omero, possono costituire la chiave per determinare l’ubicazione della terra dei Feaci». La soluzione per Wolf è la seguente: «Finora si è sempre supposto che il mare che sospinse Ulisse verso la terra dei Feaci fosse il medesimo attraverso il quale egli ritornò a casa. Ma questa supposizione, naturalmente la più attendibile, non è sostenuta da alcuna parola di Omero. Se, al contrario, poniamo insieme i due dati di Omero e cerchiamo un paese che in un mare giaccia contemporaneamente dietro e davanti allo Stretto verremo indotti a pensare alla Calabria, la cui costa occidentale giace sul Tirreno e l’orientale sullo Ionio. È proprio là sì giungerà, se con percorso verso Est, si proviene da Lipari e di là bisogna salpare per raggiungere Itaca, con percorso parimenti verso Est, come indica il testo omerico. Se questa sorprendente spiegazione è giusta nel corso del suo viaggio Ulisse deve, comunque, aver attraversato un tratto di terra. Questo fatto, mai osservato è in realtà ciò che dice Omero: nei pressi della terra dei Feaci l’onda e la tempesta infrangono la sua zattera e soltanto a nuoto Ulisse riesce a porsi in salvo raggiungendo la costa. Di là dovette recarsi a piedi prima marciò per un pendio, il giorno dopo portato su valli carrabili, con carri guidati da muli, verso la capitale dei Feaci ed ancora un altro giorno scese verso il porto e, quindi, finalmente una nave lo riportò in patria. Manifestamente Omero si riferisce a due coste differenti e legate tra loro da una certa distanza. Ulisse finalmente raggiunse in Calabria la terraferma. Questa spiegazione risolve gran parte delle contraddizioni presenti nella interpretazione del testo. Si identifica così la felice terra dei Feaci del tempo di Omero, con la Magna Grecia dell’antichità e con la Calabria attuale». Per l’editore del volume Massimo Tigani Sava «questa lettura dell’Odissea fornisce alla Calabria e al Mediterraneo un’occasione senza precedenti per riappropriarsi di valori autentici, di radici uniche e inimitabili. L’immenso patrimonio storico, archeologico ed artistico di cui dispongono la Calabria e quell’ampio spazio del Mediterraneo solcato da Ulisse, se valorizzato e promosso, costituiscono l’antidoto più potente per non subire gli effetti devastanti di un certo modo di intendere la globalizzazione». L’assessore alla Cultura di Roccella, Bruna Falcone ha sottolineato «l’ospitalità offerta ad Ulisse da Nausica e dal popolo dei Feaci, segno che per la cultura occidentale lo straniero non è da considerare come un nemico, ma come un portatore di altre culture con cui dialogare e confrontarsi liberamente». Per il giornalista Romano Pitaro «la tesi di Wolf è suggestiva, affascinante e culturalmente convincente. Il libro, oltre 400 pagine, è sorretto da una montagna di dati scientifici ma si legge come un romanzo. Tuttavia, per corroborare l’idea che la terra dei Feaci, un popolo che per generosità e altruismo sembra irreale e utopico, è la Calabria e che l’istmo di Catanzaro ha visto Ulisse attraversarlo per imbarcarsi dallo Ionio verso Itaca, c’è bisogno di reperti archeologici che al momento non ci sono». Per il prof. Roberto Spadea, già direttore della Soprintendenza archeologica della Calabria, che nei decenni scorsi ha fatto degli scavi a Tiriolo, «non si ha contezza di reperti risalenti all’epoca di Omero né di elementi che possano far luce sulle ricorrenti ipotesi formulate da chi cerca Skylletion, la mitica reggia dei Fenici, Nausica e Ulisse». Spadea, inoltre, ha mosso osservazioni circa la possibilità che Ulisse, «naufragato sul Tirreno, potesse raggiungere l’acropoli di Tiriolo…». L’assessore regionale Mariateresa Fragomeni, che ha inaugurato la mostra pittorica di Lawrence Ferlinghetti, il poeta americano dalle mille anime, “Ulisse in Calabria”, in corso fino al 31 agosto a Siderno superiore, ha apprezzato le argomentazioni di Wolf. Ha detto: «La Calabria deve proseguire il lavoro di promozione culturale, perché la cultura genera coscienza critica e sviluppo». E ha auspicato «che gli scavi per ritrovamenti dell’VIII secolo, in quell’area che è stata definita “il panorama più imponente d’Europa”, proseguano e in fretta. Sono sicura, dopo aver ascoltato il prof. Wolf, che in quell’area ci possano essere strati archeologici risalenti all’epoca di Omero. Non si trascuri nulla, dunque!» FONTE: CORRIERE DELLA CALABRIA https://www.corrieredellacalabria.it/societa/item/199649-ulisse-in-calabria-fragomeni-avanti-con-gli-scavi-archeologici/
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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