Rossano: dalla frutta alla marmellata, ecco le trasformazioni di Anselmi
1 minuti di lettura
di MARTINA FORCINITIC’è una Generazione X, una nuova leva di giovani che si assume la responsabilità dei prossimi anni, che in Calabria rincorre i propri sogni sulla scia dei solchi scavati dai padri. Salpano dai lidi jonici, si formano. Ma sulla porta di casa lasciano appeso un “Torno subito” che è una promessa e, insieme, una nuova consapevolezza. Quella per cui i nostri luoghi d’origine sono la frontiera di un nuovo sviluppo. Che passa dai prodotti della terra. E dal patrimonio familiare. «Se per valorizzare il nostro territorio c’è bisogno di ripensare sé stessi, io dico perché no!». Cesare Anselmi, imprenditore rossanese, titolare dell’Azienda Agricola omonima, è uno dei volti della rivoluzione generazionale in corso. Quella che vede protagonista la rinnovata attenzione alla formazione agro-alimentare. Quella che sensibilizza i giovani. E che li incoraggia a investire. Senza manuale d’istruzione. «L’azienda agricola della mia famiglia è stata sempre collaterale al reddito principale. Io l’ho rilevata e ho pensato di passare dalla vendita del frutto tal quale, clementine e arance naveline, alla sua trasformazione in marmellata, per potermi quindi rivolgere al mercato del trasformato». E alla base del cambiamento c’è sempre qualcosa in più del semplice individualismo. In questo caso, trasformare significa valorizzare il territorio attraverso i suoi prodotti. E attraverso le sinergie. «Per la produzione di marmellata utilizziamo solo ingredienti caratteristici della nostra terra, tant’è che alcune tipologie sono aromatizzate alla liquirizia Amarelli e al moscato passito di Saracena, presidi Slow Food». È, questo, uno di quei casi in cui il rischio cresce proporzionalmente ai risultati ottenuti. «La risposta positiva ai nostri prodotti è stata immediata e, paradossalmente, soprattutto al di fuori dei confini territoriali. Oltre all’apprezzamento del prodotto in sé, a premiarci è stato l’aver voluto promuovere il prodotto come uno dei marcatori identitari della nostra terra, ribadendo il legame forte con la Sibaritide». Acquisire conoscenze e poi tornare, dicevamo. Perché è così importante? «La formazione universitaria conta perché produce consapevolezza. Conoscere altre realtà significa rendersi conto delle proprie potenzialità e impegnarsi per sfruttare al meglio ciò che si è imparato, piuttosto che esportarlo altrove». Che poi, con l’avvento del web 2.0 e dei canali social, la visibilità non rappresenta più l’ostacolo lungo la corsa. «Anche in territori marginali c’è la possibilità di fare e farsi conoscere. Soprattutto quando l’oggetto dello scambio comunicativo è il Made in Italy. Il nostro prodotto, al di là della promozione, si racconta da solo.» Una tendenza, questa, che forse andrebbe agevolata e resa più appetibile. «Le istituzioni dovrebbero rendersi conto delle potenzialità dei nostri territori a vocazione naturale, rendere accessibili le risorse necessarie a investire tramite incentivi, dialoghi, sensibilizzazione e sburocratizzazione». È un lavoro a costo zero, dopotutto. Che andrebbe fatto subito.
Noi e alcuni partner selezionati utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie chiudendo questa informativa, proseguendo la navigazione di questa pagina, interagendo con un link o un pulsante al di fuori di questa informativa o continuando a navigare in altro modo.