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Riti satanici ad Amantea?

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I carabinieri hanno rinvenuto resti di animali e oggetti che fanno pensare a una messa nera all’ingresso del cimitero cittadino. In una setta operante in zona 31 anni fa un adepto fu ucciso e un altro ferito

Resti di una gallina sgozzata e sezionata, frutta e verdure tagliate a metà, amuleti, monili e fiori. Ma anche palline di pane, sigari e sigarette. Simboli di un rito oscuro e sconosciuto. E un luogo di ritrovamento – il cimitero – che restituisce un’immagine decisamente tetra di quanto è potuto accadere davanti al camposanto di Amantea. Proprio lì, dopo una segnalazione di alcuni cittadini, la mattina di domenica scorsa i carabinieri della locale Stazione hanno rinvenuto – appoggiati al cancello d’ingresso del cimitero – due confezioni contenenti oggetti e cose che, forse, potrebbero far pensare a un rituale di qualche setta operante in zona. Tutti messi in bell’ordine e perfettamente confezionati all’interno di due grossi fazzoletti color rosso sangue di cui uno a sua volta raccolto in un telo rasato bianco. Zampe e piume di gallina, così come la testa mozzata e le ali aperte dell’animale, e poi diversi oggetti presenti nelle due confezioni in un numero esatto, sempre lo stesso: sette. Ad iniziare dalle rose rosse. Come a rimandare ad un messaggio oscuro. Nell’esoterismo quel numero richiama la perfezione. L’espressione privilegiata – tra quanti frequentano il mondo dell’oscuro – della mediazione tra gli esseri umani e la divinità. Dunque il numero perfetto che si addice, appunto, al luogo di ritrovamento e che farebbe propendere per un sito non casuale scelto per svolgere un rito di una setta. Una messa nera per invocare qualcuno ed offrire una serie di oggetti, cibo ed altro ancora.
IL RITO CELEBRATO DAVANTI AL CAMPOSANTO DI AMANTEA
Ma a richiamare quello che sembrerebbe un rituale oscuro anche il giorno e l’ora scelti da chi ha preso parte a questa “cerimonia”. La notte tra sabato e domenica, alla vigilia della luna piena. Il primo è emblema dello scontro tra le forze del bene e del male motivo per il quale molti rituali anche satanici si svolgono durante quella notte. E l’altro aspetto è la fase lunare che nell’esoterismo e nella magia evocano la richiesta di qualcosa. Un rito dunque propiziatorio celebrato in un luogo tetro e lontano da occhi indiscreti. In questa zona, infatti, non ci sono telecamere o sistemi di videosorveglianza, a differenza di altri cimiteri della zona. Da qui forse la decisione di celebrare il rito davanti al camposanto di Amantea.
IL DRAMMATICO PRECEDENTE IN ZONA
Una vicenda che fa ritornare alla mente quanto accaduto 31 anni addietro non molto distante da dove è avvenuto il macabro ritrovamento. All’alba del 29 maggio del 1988, infatti, un’irruzione dei carabinieri e della polizia in una masseria in località Moschicella di San Pietro in Amantea fece scoprire a tutta l’Italia l’esistenza di una setta dedita a riti oscuri. Una storia turpe che registrò anche l’omicidio di un adepto, Pietro Latella, ed il ferimento di un altro seguace della setta, Lorenzo Tommasicchio. Il primo fu ucciso in modo brutale: incaprettato, torturato e finito con dodici colpi di pistola. Ci volle l’intervento delle forze dell’ordine per ritrovare il cadavere. Il corpo dell’uomo venne rinvenuto legato su una poltrona all’interno di una stanza la cui porta – marchiata con un cerchio rosso con dodici croci – era stata saldata dall’esterno. Per recuperare il cadavere del 27enne – segnalato dall’altro seguace del gruppo sfuggito alla morte – fu necessario lavorare per diverso tempo. Dietro quell’assassinio e quel tentato omicidio una serie di rituali – portati avanti dalla setta autoproclamatasi “Gruppo di preghiera del Rosario” – tra il sacro e il profano. E un legame a filo doppio con altri gruppi in Italia sull’asse Calabria-Torino. Molti dei seguaci della setta che si erano definiti “Apostoli di Cristo” provenivano dal capoluogo piemontese. Visto che da lì aveva preso le prime mosse il gruppo che, in quel periodo, contava centinaia di seguaci. Così come proviene da quella terra la bottiglia di vino rinvenuta tra gli oggetti lasciati davanti al cancello del cimitero di Amantea. Una pura casualità, evidentemente, come appunto la circostanza che il camposanto si trovi lungo quella strada che un tempo – prima che una grossa frana ne impedisse l’accesso – era la principale via di collegamento tra Amantea e San Pietro in Amantea.   Un piccolo centro dell’entroterra dell’Appennino Paolano sul cui territorio era presente appunto la masseria degli orrori dove operava la setta diretta da Lidia Naccarato, “la sacerdotessa” condannata assieme ad altre tre persone per l’assassinio di Pietro Latella e il tentato omicidio dell’altro seguace della setta. La “santona” allora 35enne aveva preso il posto dello zio Antonio, fondatore nel 1983 del gruppo, e dopo la sua morte ne era diventata la vera e unica guida spirituale. A lei erano devote le persone che si richiamavano a quella setta. Da lei avrebbero preso indicazioni su come “celebrare” quei rituali – fatti di canti, preghiere e di sacrifici di animali per invocare i morti tra cui lo stesso fondatore – decine di persone. Nell’irruzione di 31 anni fa le forze dell’ordine ne fermarono 35. Inoltre nel casolare i militari trovarono un vero e proprio arsenale oltre a soldi, libretti al portatore, gioielli ed altri valori. Della donna – uscita dal carcere dopo aver espiato quella condanna – così come dei riti perpetrati all’interno della masseria si sono perse le tracce. Rituali e storie dileguate nella nebbia dei ricordi delle persone o sussurrate tra i cittadini di un territorio inaridito dal feroce spopolamento ormai in atto da anni tra le contrade dell’Amanteano. E poi la scoperta di questi oggetti davanti al cimitero. Due momenti che, come dicevamo, possono essere solo frutto di casualità o suggestioni, e su cui toccherà agli inquirenti cercare di comprendere eventuali connessioni. Di certo, allo stato attuale, non c’è nessuna ipotesi di reato sul caso della presunta messa nera al camposanto di Amantea. Ma il mistero su quanto sia accaduto quella notte nella zona alta del centro dove sorge il cimitero ora aleggia sulla cittadina del Tirreno cosentino e desta preoccupazione tra l’intera popolazione del circondario. Fonte: Corriere della Calabria
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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