L'atavica ignavia calabrese: l'editoriale de L'Eco dello Jonio
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di LUCA LATELLA Questo misero modo tengon l’anime triste di coloro che visser sanza infamia e sanza lodo… Dante Alighieri nella sua Divina Commedia così dipinge – nel terzo canto dell’Inferno – quei peccatori che nella vita non hanno preso posizione alcuna, incuranti di ciò che gli accadeva attorno, attendendo che gli altri facessero per loro. E quando si schieravano, possibilmente era dalla parte del più forte. Nel rileggere questo passo dantesco, l’associazione di idee quasi proietta il pensiero verso l’indole (recente) dei calabresi. Un popolo che negli ultimi decenni sta facendosi scivolare tutto addosso come se fosse nordico, con un aplomb da fare invidia ad un britannico. À rebours. Siamo un popolo che va controcorrente, rispetto a come gira il mondo. Può caderci anche un meteorite sulla testa che nessuno riesce a schiodarci dal nostro comodo divano, piantati col telecomando in mano. Come gli ignavi descritti da Dante, noi calabresi oggi vegetiamo e navighiamo a vista in quel mare magnum del menefreghismo più assoluto. Abbiamo perso valori importanti quali la solidarietà e sempre più spesso imbracciamo guerre fra poveri per un misero orticello piuttosto che pensare in grande, al bene comune, a tentare di costruire una vita migliore della nostra alle generazioni che verranno, progenie comprese. Tutto ci passa sopra, quindi, incuranti delle conseguenze. Come a dire che nulla ci importa, a patto che non si sia toccati in prima persona. Nel qual caso – e solo allora – andiamo a chiedere sostegno, consenso, piagnucolando e piangendoci addosso come se le colpe fossero sempre degli altri. Negli ultimi anni ne avremmo avuti di motivi per i quali lottare, strenuamente, con le unghie e con i denti, tentando di mantenere tutto ciò che ci è stato scippato, portato via. Paghiamo le bollette più care di tutti senza batter ciglio, e che sia il diritto alla mobilità, piuttosto che l’assenza di via di collegamento, l’esempio più tipico di ignavia in modalità tutta calabrese è simboleggiata dall’erogazione del servizio sanitario sul territorio. Alla Sibaritide hanno tolto veramente tutto, ospedali, reparti, medici e infermieri, ci stanno riducendo ad un deserto, con soli due ospedali funzionanti per 200 mila abitanti, la promessa di realizzarne uno più grande e code interminabili ai pronto soccorso. A proposito, è da lodare la durissima presa di posizione del sindaco di Rossano, Giuseppe Antoniotti, contro la parlamentare grillina Dalila Nesci, che ha proposto l’incredibile storno delle risorse dall’ospedale della Sibaritide verso l’Annunziata perché lì ci stanno i problemi e sarebbe inutile sprecar soldi per uno nuovo in quella sperduta landa sibarita, non si può sentire. Poi, però siamo tutti pronti ad imprecare contro tutto e tutti, in primis contro la nostra classe politica dirigente, quando siamo costretti a 8 ore di fila per una prestazione in pronto soccorso. Insomma, se non siamo pronti a lottare per i nostri diritti sanitari, se non ci preoccupa nemmeno la nostra salute, cosa vogliamo di più?
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