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Gratteri racconta perché non è diventato ministro

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Nell'intervista a Riccardo Iacona (andrà in onda lunedì sera nella prima puntata della nuova stagione di Presadiretta, su Rai Tre), il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri torna sulla sua mancata nomina a ministro nel governo Renzi. «Mi è stato detto che fu Giorgio Napolitano a non volere la mia nomina – spiega –. Non capisco perché un magistrato non possa fare il ministro della Giustizia». Due anni fa, nel febbraio del 2014, proprio negli studi del programma Iacona aveva chiesto a Gratteri se fosse disposto a fare il ministro in caso di richiesta. E dopo l'intervista Gratteri incontra Renzi che lo inserisce nella lista dei ministri. «Ero nell'elenco dei sedici ministri - racconta il magistrato - e ho accettato perché mi era stato garantito di avere carta bianca nel fare le riforme che servivano a far funzionare il processo penale, quelle riforme che servivano a non rendere conveniente delinquere». Poi è andata a finire diversamente. Gratteri la spiega così: «La verità è che sostanzialmente io sono troppo indipendente, non sono collocabile in nessuna corrente. Sono un ribelle, per natura un rivoluzionario, una persona che non vuole essere collocata da nessuna parte né appartenere a qualcosa o a qualcuno. Al potere non interessa se tu sei di destra o di sinistra o di centro, il potere vero vuole che ci sia sempre qualcuno sopra di te che garantisca per te».
GRATTERI: I PROCESSI NON SI CELEBRANO PER COSE BANALI
Gratteri durante l'intervista parla anche della collaborazione avuta con il governo Letta e successivamente con il governo Renzi che ha prodotto un rapporto fatto di 150 punti. «Abbiamo cercato di far funzionare il codice di procedura penale perché il motivo principale per cui i reati si prescrivono è che i processi non si celebrano per cose banali, apparentemente irrilevanti. Per esempio quando uno dei tre componenti del collegio cambia, il processo ricomincia da capo. E intanto i mesi passano e il reato si prescrive. Ogni giorno in Italia ci sono 44mila uomini della polizia penitenziaria, 10mila di questi ogni mattina sono in giro per l'Italia perché devono portare l'imputato o il testimone di giustizia in aula a testimoniare. Tutto questo costa 70 milioni di euro l'anno. Soldi con cui potremmo assumere cancellieri, segretari, uomini della polizia penitenziaria. Questo è un solo articolo della riforma, passato alla Camera e fermo al Senato».
GRATTERI: HO BISOGNO CHE LA GENTE CREDA IN ME
A giudizio di Gratteri, con il solo intervento sulla semplificazione procedurale o con queste idee applicate «i tempi del processo si ridurrebbero tranquillamente del sessanta per cento». In questo modo quel 60% dei processi che vanno in prescrizione non andrebbero in prescrizione. «La gente non crede in noi perché non ha fiducia, perché non diamo risposte. Noi dobbiamo intervenire sui reati cosiddetti "bagatellari", io ho bisogno - dice ancora il magistrato nell'intervista televisiva - che la gente creda in me perché se oggi do risposte su una truffa online, domani la stessa persona mi denuncia un'estorsione, mi denuncia un'usura». Da otto mesi fa è diventato procuratore capo di Catanzaro, «sono arrivato qui e ho trovato una grande difficoltà, ogni sostituto mediamente ha 1000/1100 fascicoli. Questo vuol dire vuol dire che il 50% verranno prescritti, moriranno in questo ufficio». Fonte: Corriere della Calabria
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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