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Area Urbana, la Rossano dei poveri. A Corigliano il popolo delle due mense

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di MARTINA FORCINITI Ormai si fa presto a dire Italia, paese di santi, navigatori e poveri.  Per lungo tempo, un paio di scarpe rotte, cappelli con la tesa piegata all'insù e focolai di fortuna sul ciglio della strada sono stati i simboli della massima povertà che avremmo potuto conoscere da vicino. Ma oggi, fra gli esclusi degli esclusi, ecco che i nuovi poveri sono insospettabili. E che succede se battono all’uscio delle nostre porte, perché non provengono più soltanto da situazioni di marginalità? È come un sortilegio: i poveri sono sempre di più. E sempre più poveri. «Fino a qualche anno fa – ci spiega Don Pino Straface, direttore della Caritas Diocesana a Rossano – chi chiedeva il nostro aiuto era esclusivamente l’immigrato straniero. Oggi rispondiamo anche all’appello di gente del luogo. Non solo indigenti, ma anche disoccupati, pensionati, famiglie monoreddito. E nelle nostre 5 mense diocesane, ogni giorno affluiscono almeno 600 persone per 365 giorni l’anno. Ma ci sono anche il centro di prima accoglienza (con 10 posti letto) e la Casa famiglia per le ragazze madri. Dove abbiamo fatto nascere 20 bambini altrimenti destinati a morte certa. E dove le ospiti sono spesso giovani donne della nostra città». Ma nella dignità, a volte, c’è tutto.  E se la povertà è più vicina di quanto si sia disposti a credere, continua a fare a pugni con l’orgoglio. Rischiando di rimanere invisibile, per noi gente “normale”. «Migliaia di nuovi poveri ogni anno – continua Don Pino – e fra di loro può esserci il vicino di casa, il collega, il conoscente.  Il pasto caldo e un po’ di calore umano lo chiedono anche famiglie del territorio che sostengono un mutuo, che non riescono a pagare le spese mediche, le bollette, l’assicurazione dell’auto. Arrivano alla spicciolata ma spesso, quel piatto se lo portano via». Per vergogna, per tutelare le proprie briciole di dignità. Per lasciar fuori dalla porta le contraddizioni dell’esclusione sociale. «Perché la povertà materiale coincide con la povertà spirituale. E compito della Caritas, in effetti, non è solo offrire beni materiali, ma soprattutto operare la carità dell’ascolto, dell’impegno, dello spirito di servizio. Lo sforzo non è, quindi, solo quello di dare aiuto materiale: è un lavoro di conforto, di recupero della dignità». Così si può vivere nella povertà della mente e dell’animo. La più difficile da gestire: aumenta e alimenta incoerenze abnormi. «Capita di recarsi in case dove lo sporco, il cattivo odore e la precarietà cozzano con l’ostentazione di televisori, smartphone, tablet. È l’assurdità delle nuove generazioni, le stesse che prede delle dipendenze, acutizzano le proprie condizioni per un nuovo gioco d’azzardo o per un bicchiere in più. Ci si autoesclude. E non è facile riprendere i contatti con la realtà». La Rossano dei poveri che non ti aspetti. Perché, come spesso accade, sotto i bei tappeti cittadini è facile nascondere granelli di polvere sotto il tappeto. di FABIO BUONOFIGLIO Tutte le sere in Via Vittorio Emanuele III, nel centro storico di Corigliano Calabro a pochi passi dalla storica e bella chiesa di Sant’Antonio e dall’attaccata sede municipale di Palazzo Garopoli, c’è un popolo d’invisibili. Che si mette in fila, firma la sua presenza in lista, condivide una tavola e consuma un pasto caldo. Gli avventori arrivano alla spicciolata e s’accomodano dove capita, ma meglio sedere vicini agli “amici”, quasi sempre connazionali. È la mensa della Caritas diocesana e i commensali in rari, rarissimi casi, sono dei “senzatetto”. Sì, perché un tetto dove dormire generalmente ce l’hanno, e dopo avere cenato vi fanno ritorno. Ad accoglierli e a servirli c’è una squadra di volontari. Apre loro la porta e serve loro acqua, portate dal primo alla frutta, poi sparecchiano e rimettono in ordine. Uomini e donne in tenute più o meno dignitose, barba e capelli fatti, qualcuna indossa persino scarpe coi tacchi. «La maggior parte di loro sono stranieri, africani e dell’Est Europa, ma vengono pure alcuni diseredati locali, gente che ha perso il lavoro, che non trova la giornata e che quindi non ha nulla da mangiare». Ce lo racconta uno dei più attivi volontari: «Tra loro ci sono tante badanti disoccupate che fanno fatica a mangiare, noi siamo aperti tutti i giorni, solo per la cena, dal lunedì alla domenica, li accogliamo per offrire loro un clima familiare e di tranquillità». Vediamo quali sono le loro “storie”. «C’è un rumeno sulla quarantina – ci racconta un’altra volontaria – che vive da anni in Italia e parla benissimo la nostra lingua; è stato prima in Campania, dove per un po’ di tempo ha fatto il muratore, e poi a Bologna dove ha vissuto alla giornata, di quello che gli capitava, d’espedienti, m’ha raccontato d’avere fatto il barbone e d’avere dormito per strada, all’addiaccio, in un’aiuola davanti alla stazione, e d’essersi “incontrato” con l’alcol. Che è peggio della droga perchè lo si trova ovunque e a poco prezzo nei supermercati discount, pure qui a Corigliano Calabro ovviamente. Adesso però ne è uscito, non beve più, e si sta facendo strada per andarsene in Germania a cercare un lavoro perché qui non gli va più d’essere sfruttato d’inverno negli agrumeti per un euro ad ogni cassetta raccolta». Con la volontaria della Caritas il rumeno s’è confidato, le ha raccontato la sua vita di strada: «Ma noi non possiamo capirla fino in fondo non avendola vissuta mai, m’ha raccontato di come ci si deve difendere dagli altri, di come si deve stare attenti per evitare di farsi prendere le proprie cose nei posti-dormitorio, per esempio». Le storie sono tutte diverse e tutte uguali al contempo, anche nella seconda mensa coriglianese della Caritas diocesana. Si trova in Via Riccione, nella popolosa frazione marina di Schiavonea. Come in centro storico, pure qui prestano la loro opera volontaria alcune decine di persone, e proprio come in centro storico si danno i turni, anche qui solo per la cena. Già, ma gli alimenti per le mense chi li fornisce per garantire questo lodevole quanto necessario servizio sociale? «Il cibo arriva in buona parte dalle parrocchie, che raccolgono le donazioni quotidiane ricevute da parte dei loro parrocchiani, a volte davvero molto generosi considerata la forte crisi economica in atto che investe un po’ tutti – ci racconta il primo volontario – ma ognuno di noi, attraverso le personali conoscenze ed amicizie, s’adopera pure nel recuperare altre derrate alimentari; per esempio, dopo le festività natalizie dello scorso anno, il titolare d’un supermercato e mio amico, essendo a conoscenza della mia attività di volontario alla mensa, m’ha contattato per offrirmi un’intera partita di panettoni rimasti invenduti e prossimi alla scadenza. Con grande entusiasmo ovviamente ho preso tutti quei panettoni, e l’entusiasmo degli ospiti della mensa fu doppio: furono felicissimi di mangiare il dolce natalizio per alcuni giorni». Impegno solidale e passione, dunque, da parte di chi opera nelle due mense coriglianesi della Caritas diocesana. Ma qualcuno ci racconta anche qualcosa di poco edificante – fosse vero – che vedrebbe mimetizzarsi tra gli stessi volontari delle mense qualche “mela marcia” e non parliamo affatto di frutta servita a tavola benché andata a male. «Sì, pure a me hanno raccontato qualche storia del genere – il nostro volontario ci conferma certi “sussurri” – e penso anche siano verosimili, ma finora personalmente non ne ho avuto contezza».
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.